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Il riscaldamento globale è (anche) un problema da ingegneri

Per fronteggiare l’emergenza climatica, l’Europa dovrebbe raggiungere la carbon neutrality entro il 2050: è un obiettivo ambizioso, ma non irraggiungibile, spiega l’Alumnus Lorenzo Rosa, ricercatore internazionale attualmente di stanza all’ETH di Zurigo, inserito nella classifica dei “30 under 30” di Forbes per le sue ricerche innovative su riscaldamento globale e sostenibilità.

“Possiamo arrivarci in due modi: il primo è quello di utilizzare fonti di energia a impatto zero (o quasi) come eolico e solare, in sostanza eliminando l’emissione di CO2 dai nostri processi produttivi; ma, realisticamente, dobbiamo ammettere che ci sono settori industriali in cui questa possibilità è ancora lontana, basti pensare al trasporto aereo o alle industrie dell’acciaio e del cemento e all’agricoltura. Noi dobbiamo agire adesso: dove non si può decarbonizzare, è necessario bilanciare le emissioni di CO2. Piantare foreste serve, ma non basta: bisogna rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera nel momento in cui viene emessa”.

Uno studio a firma di Rosa, insieme a un altro Alumnus del Politecnico, Marco Mazzotti, è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa Energy & Environmental Science. “Assessment of carbon dioxide removal potential via BECCS in a carbon-neutral Europe” descrive i risultati dei ricercatori che hanno analizzato per la prima volta le potenzialità di una strategia di rimozione della CO2 su scala europea. 

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Credits Lorenzo Rosa
CATTURARE L’ANIDRIDE CARBONICA

“Ovunque possibile, è sempre meglio utilizzare fonti di energia a impatto zero, ma, dove non è applicabile, la bioenergia è una fonte preferibile ai combustibili fossili perché è rinnovabile. Resta il problema della raccolta e stoccaggio dell’anidride carbonica, che oggi, per la maggior parte, viene invece rilasciata nell’atmosfera. BECCS (Bioenergy with Carbon Capture and Storage) è una tecnologia di Carbon Dioxide Removal (CDR), cioè rimozione dell’anidride carbonica, conosciuta ma ancora poco applicata: esistono due o tre grossi impianti negli USA, uno in UK e qualche piccolo impianto pilota in Europa”.

Consiste nel catturare la CO2 prodotta dai processi di combustione e nella sua raccolta in siti di stoccaggio sotterranei, almeno a 800 metri sotto la superficie, dove resta intrappolata e non può essere rilasciata in atmosfera.

Questo studio quantifica le potenzialità di questa tecnologia e ne analizza le ricadute ambientali e industriali “con una risoluzione al km”: descrive quindi le attuali disponibilità di biomassa dei paesi europei, gli impianti e le infrastrutture già presenti sul territorio, i risultati che possiamo aspettarci e anche i potenziali rischi che un eventuale “mercato del carbonio” avrebbe in termini di consumo di suolo e biodiversità.

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Credits Photo by Marek Piwnicki on Unsplash
UN EQUILIBRIO DELICATO

La bioenergia si ottiene dalla combustione di biomassa: legname, per esempio, o coltivazioni come i residui agricoli, ma anche rifiuti organici. La biomassa come fonte di energia è preferibile ai combustibili fossili, sia perché è rinnovabile, sia perché è più semplice sequestrare (cioè raccogliere) la CO2 biogenica.

BECCS associa produzione di bioenergia alla rimozione dell’anidride carbonica all’origine, nello stesso impianto, evitandone il rilascio in atmosfera. “Gli obiettivi di decarbonizzazione potrebbero indirizzare il mercato energetico verso la bioenergia”, ci spiega il ricercatore.

“Sarebbe auspicabile, ma comporta dei problemi. Se diventasse molto conveniente produrre energia da biomassa, il rischio è che interi territori vengano sottratti alle foreste o alla coltivazione per produrre questo combustibile. Sta già accadendo, e i risvolti sono drammatici in termini di deforestazione e aumento dei prezzi del cibo, un problema che non farà che crescere nei prossimi decenni con l’aumentare della popolazione terrestre e che interessa anche dinamiche geopolitiche molto delicate tra paesi produttori e paesi consumatori”.

Lo studio mette in luce alcuni di questi aspetti e indirizza la strategia verso l’impiego di biomassa già disponibile come scarto industriale, agricolo e urbano: per esempio, gli scarti delle coltivazioni (tutta la parte della pianta che non viene utilizzata per produrre cibo o foraggio), il trattamento di rifiuti e acque reflue, i rifiuti organici e il letame dagli allevamenti, rendono disponibile una certa quantità di biomassa utilizzabile per produrre energia.

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Credits: www.rinnovabili.it
QUESTIONE DI NUMERI

Per rispettare la scadenza del 2050, è necessario rimuovere 7.5 miliardi di tonnellate di CO2, ovvero circa 250 milioni all’anno per 30 anni, che equivale a mitigare il 5% delle emissioni annue di anidride carbonica.

“5% è l’obiettivo minimo: alcune stime dicono che, per mettere al sicuro il pianeta, serve una rimozione molto più drastica, del 30%. Il 5% però è quello che ci permetterebbe di guadagnare tempo”.

Lo studio dimostra che il potenziale di questa tecnologia in Europa sarebbe in grado di rimuovere 200 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sufficiente a coprire la soglia del 5%, ma la distribuzione di questo potenziale non è uniforme sul territorio europeo.

“Pochi paesi hanno abbastanza biomassa per raggiungere la propria quota di neutralizzazione delle emissioni tramite BECCS. Altri paesi potrebbero importarla, ma, naturalmente, questo comporterebbe un’ulteriore produzione di CO2 per il trasporto di questo materiale”.

E in Italia? “In Italia si emettono quasi 400 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. La biomassa già disponibile per la produzione energetica permetterebbe di mitigare solo il 2% delle emissioni (i dati sono del 2018). Rimane un 3% minimo: quindi l’Italia dovrà sviluppare altre strategie di cattura del carbonio alternative”.

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Credits infobuildenergia.it

Credits header: planetarenewables.com

Unconventional Digital Talks | Lorenzo Petrangeli intervista Tommaso Loiacono e Matteo Marzorati

Lorenzo Petrangeli intervista Tommaso Loiacono e Matteo Marzorati, co-founders di Cordens Interactive.

I due Alumni sono creatori di Vesper, primo videogioco dell’azienda, in uscita quest’anno e uno dei 5 titoli finalisti al Red Bull Indie Forge 2020.

Quali sono le tappe per passare da un’idea di videogioco al primo prototipo, quanto costa e quali professionalità sono necessarie per farlo nascere e farlo conoscere?

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Due Alumnae a capo della start up dei tessuti ottenuti dal marmo

MARM\MORE è il prodotto di una start up sostenibile “made in Polimi” e incubata in Polihub chiamata Fili Pari: le due fondatrici sono Alice ZantedeschiFrancesca Pievani, Alumnae in Design per il Sistema Moda.

“Oggi oltre il 30% del marmo lavorato finisce in scarto. A volte molto di più. Una quantità altissima se pensiamo che si tratta di una materia nobile che in alcuni casi viene riutilizzata per fini di riqualificazione ambientale ma in altri finisce direttamente in discarica”, spiega Zantedeschi a Repubblica.

L’idea delle due Alumnae è di usare il marmo poco prima che diventi rifiuto speciale (rifiuti derivanti da attività produttive di industrie e aziende, gestiti e smaltiti da aziende autorizzate allo smaltimento), quando è ancora puro e utilizzabile. Da qui nasce MARM\MORE, un materiale realizzato in polvere di marmo impermeabile, traspirante e antivento, creato per i tessuti.

“Abbiamo cercato di abbracciare i valori dell’economia circolare, generando una sinergia tra due settori, quello tessile e quello lapideo, che non avevano mai comunicato fino a oggi”.

Fili Pari, nata nel 2020, ha consolidato una partnership industriale con un’azienda vicino a Lecco, che fornisce lo “scarto” del marmo che viene poi usato in capi di abbigliamento che coniugano stile, innovazione e performance tecniche.

Proprio qualche settimana fa è stata presentata Fili Pari Collection, la nuova collezione Spring Summer 2021 rainwear, dalle linee pulite ed essenziali, realizzata in Italia.

La particolarità?

“Per questa collezione abbiamo accoppiato il nostro tessuto di marmo al nylon riciclato. Le colorazioni sono totalmente naturali grazie alla presenza della polvere di marmo al suo interno per oltre il 50% della spalmatura.” dichiara Zantedeschi.

NON SOLO ABBIGLIAMENTO

Il futuro si preannuncia favorevole per l’attività delle due Alumnae: stanno studiando modi per applicare il tessuto anche nel footwear ed è prevista una collaborazione con il marchio dell’arredamento di lusso Bentley Home, per la realizzazione di una serie di sedute che useranno MARM\MORE come rivestimento degli imbottiti.

Credits home:  capolettera.com

Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.

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Giovani ricercatori al Poli, girone “eccellenza”: puntata 1

La ricerca scientifica e tecnologica al Politecnico di Milano ha diverse fonti di finanziamento: in quanto Ateneo pubblico, una gran parte dei fondi proviene dal Ministero; sempre maggiore importanza stanno acquisendo però anche i finanziamenti “esterni”, cioè quelli che provengono da istituzioni o da imprese, che pesano per circa 142 milioni di euro all’anno (un terzo del finanziamento totale della ricerca).

Tra le istituzioni più coinvolte nel finanziamento alla ricerca c’è la Commissione europea. Dal 2014, attraverso il programma Horizon 2020 e Horizon Europe, il Politecnico ha ricevuto circa 221 milioni di euro dalla Commissione, che hanno finanziato 497 progetti di ricerca.

La maggior parte sono progetti di collaborazione tra diversi centri di ricerca. Una parte invece è dedicata ai ricercatori di eccellenza: tra questi, il Politecnico ha accolto 43 ERC e 30 Marie Curie Postdoctoral Fellowship. Si tratta di “grant” che vengono concessi a singoli ricercatori per progetti particolarmente promettenti, che riguardano campi scientifici di frontiera o tecnologie emergenti con grande potenziale di innovazione e di interesse collettivo.

Gli ERC sono destinati a ricercatori affermati, già ai vertici dei loro campi scientifici (se vi interessa scoprire di più sui progetti ERC che portano avanti la ricerca scientifica di frontiera al Politecnico di Milano: ne abbiamo parlato su MAP qui, qui e qui). I grant Marie Curie sono destinati invece alla “seconda generazione” e sono pensati per incentivare i giovani ricercatori che si occupano di questi temi cruciali.

I giovani ricercatori che si candidano per una “Marie Curie Postdoctoral Fellowship” (MSCA-PF) possono presentare una proposta progettuale in collaborazione con enti accademici o non accademici europei e sotto la supervisione di un responsabile scientifico che ne faccia parte.

I migliori atenei attirano i candidati migliori, anche grazie al supporto dei supervisor: scienziati “più anziani”, con esperienza nel campo specifico, in grado di guidare i vincitori nei vari step del progetto di ricerca, che di solito dura 2 o 3 anni.

Attirare giovani ricercatori con un profilo internazionale è importante per il Politecnico, come spiega Donatella Sciuto, prorettrice e delegata del rettore alla Ricerca, in un’intervista ad Alumni: “iniettano nuova linfa nel sistema della ricerca. Hanno passione, energia, nuove idee e tempo da dedicare verticalmente e intensamente a problemi e temi molto specifici. Nel piano strategico 2017-2020 avevamo l’obiettivo di assumere 100 nuovi ricercatori, obiettivo che è stato raggiunto e superato. Per il triennio 2020-2022, prevediamo di incrementare il numero dei ricercatori di un ulteriore 20%”.

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MSCA MASTER CLASS

Per farlo, il Poli ha avviato un programma di talent development per sostenere i giovani e renderli più competitivi nell’acquisizione di grant europei e in generale sul panorama internazionale della ricerca. Una delle azioni previste dal piano strategico è la MSCA Master Class, un percorso di formazione pensato per i potenziali MSCA Postdoc, che possono ottenere supporto dall’Ateneo e da supervisor esperti durante la fase di scrittura della proposta e di sottomissione della stessa in risposta alla call della Commissione Europea.

Solo i migliori candidati vengono ammessi alla Master Class, che massimizza le loro possibilità di successo e allo stesso tempo li incentiva a appoggiarsi al Politecnico di Milano.

Dal 2014 sono 30 i grantee MSCA che hanno scelto il Politecnico per sviluppare le loro attività di ricerca. Ve li raccontiamo nella prossima puntata!

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Il nuovo Giuriati: cuore atletico del Politecnico di Milano

I lavori del nuovo Giuriati si sono conclusi e il 14 aprile 2021 il centro sportivo ha riaperto le porte agli utenti con un nuovo volto.

Gli investimenti di circa 6.5 milioni di euro hanno portato all’ampliamento e alla modernizzazione della struttura storica del campo: tra le varie novità, un campo coperto per basket e pallavolo, pista d’atletica e campo da rugby all’aperto, calcetto e palestra e un’area masterclass, struttura coperta dedicata ai corsi, oltre alla riqualificazione delle aree verdi con 50 nuovi alberi.

“Il senso dello sport in università va oltre l’eccezionalità di un gesto tecnico, un gesto sportivo può diventare un gesto sociale, educativo e formativo; per questo il Politecnico considera lo sport un elemento prezioso al servizio della crescita personale e della comunità. Abbiamo lanciato tante iniziative sportive negli ultimi anni ed è per noi fondamentale avere a disposizione un impianto, aperto alla città”.
Francesco Calvetti, delegato del Rettore alle attività sportive

SPORT PER STUDENTI E ALUMNI

Il Giuriati è stato pensato anche per gli Alumni e le Alumnae: è infatti possibile accedere alle strutture con tariffe agevolate, che trovate sul sito.

COMUNE E POLITECNICO, INSIEME PER IL FUTURO DI MILANO

L’Assessora allo Sport – Roberta Guaineri e Luca Panzetta del Comune di Milano raccontano il nuovo Centro Giuriati, un progetto di rigenerazione urbana che coinvolge anche il Comune di Milano e che si inserisce nel contesto di interventi chiamato Piano Quartieri.

GUARDA IL VIDEO DELL’INAUGURAZIONE

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Plasmare il futuro del business attraverso l’AI

Solo due italiane nell’olimpo delle 40 donne dell’intelligenza artificiale (secondo la lista IBM, link qui) e sono due politecniche: Donatella Sciuto, docente di Computer Engineering, prorettrice del Politecnico di Milano e delegata del Rettore alla Ricerca e alla Diversity ed Elisabetta Burei, Alumna in Ingegneria Elettronica e Senior manager demand&project di CheBanca!.

“Le leader di quest’anno dichiara IBM dimostrano come i progressi nell’elaborazione del linguaggio naturale, nell’automazione e in un’AI affidabile possano essere utilizzati per aiutare le organizzazioni a prevedere meglio i risultati, automatizzare i processi e guidare nuova efficienza”.

Sciuto ha utilizzato l’AI per aiutare più di 45.000 studenti del Politecnico a navigare attraverso la grande quantità di informazioni disponibili per offrire una migliore esperienza del campus. Il progetto di cui è alla guida, denominato “Concierge”, è riuscito a rispondere a più di 300.000 domande formulate in linguaggio naturale grazie ad un assistente virtuale sempre disponibile. 

Burei ha implementato l’intelligenza artificiale per creare “Edo”, un assistente virtuale ideato per automatizzare i servizi al cliente e al contempo ottimizzare l’uso del personale dell’azienda. Grazie a questa tecnologia, CheBanca! è riuscita a risolvere il 60% delle richieste di customer care senza l’intervento umano, riducendo del 30% le interazioni del servizio clienti tramite operatore.

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Elisabetta Burei
Credits: corrierecomunicazioni.it

Utilizzando l’intelligenza artificiale, questi progetti hanno contribuito alla trasformazione digitale di aziende nazionali e internazionali, creando ambienti di lavoro più sostenibili e inclusivi, in grado di “mitigare i pregiudizi e fornire risultati spiegabili”, spiega Ritika Gunnar, Vice Presidente, Expert Labs, IBM Cloud and Cognitive Software.

Nel mese dedicato alle STEM, uno dei temi sollevati più spesso è la questione della parità di genere: anche per questo abbiamo voluto raccogliere le storie di 67 ingegnere della nostra community nel libro “ALUMNAE, Ingegnere e tecnologie” . L’obiettivo? Raccontare un insieme di esempi positivi per le ragazze “STEM” di oggi e di domani.

Credit photo header : www.corrierecomunicazioni.it/

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È pronto il nuovo “Laboratorio Modelli” del Politecnico di Milano

Dal laboratorio modelli sono passate migliaia di Alumni. Le prossime migliaia avranno nuove storie da raccontare, ambientate in uno dei laboratori di modellazione più avanzati del mondo.

Il nuovo LaborA ospiterà studenti e ricercatori in oltre 700 m2 di macchinari all’avanguardia, un centro nevralgico per l’innovazione dove la commistione tra la modellazione fisica e virtuale è al centro della scena. L’abbiamo visitato con Cecilia Maria Bolognesi, docente di Rappresentazione e Modellazione del Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni ed Ambiente costruito (ABC).

DENTRO AL LABORATORIO

LaborA si trova nel cuore del nuovo Campus di Architettura (ve lo mostriamo, ultimato, nell’ultimo numero di MAP), proprio di fronte al Trifoglio.

Punto di riferimento della Scuola di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni (AUIC), ospita 100 postazioni di lavoro dedicate agli studenti magistrali; uno spazio per le lavorazioni con trafori, seghe a nastro e macchinari di falegnameria minuta con a fianco macchine di lavorazione per il taglio del legno più pesante; una parte è riservata alle macchine per il taglio dei metalli, tra cui calandrature, piegatrici e seghe; c’è uno spazio dedicato al taglio a controllo numerico (sono presenti anche diverse CNC) e uno, affettuosamente chiamato “Nursery”, che ospita 10 stampanti 3D a filo, una con miscele di polveri di carbonio che può accogliere anche altri additivi per parti meccaniche di alta precisione, una per le resine e una per l’argilla.

Alcuni macchinari sono controllabili e programmabili anche da remoto. In stretta sinergia con queste “macchine per sporcarsi le mani”, questo laboratorio ospita anche due nuovi strumenti, punte di diamante della modellazione digitale: il Teatro Virtuale e il Tavolo Olografico.

OLOGRAMMI E REALTÀ VIRTUALE

Il Teatro Virtuale è una stanza a parete curva a 360° di circa 7 metri di diametro, per la simulazione di ambienti tridimensionali urbani o interni, in cui una persona può avere un’esperienza immersiva che offre la sensazione di spazio reale e reattivo, equipaggiato di sensori programmabili: per esempio, è possibile far reagire l’ambiente al movimento di un ciclista o di una persona che corre su tapis roulant.

Teatro Virtuale
Teatro Virtuale

Il Tavolo Ologrammi permette invece la visualizzazione di oggetti tridimensionali in ambiente olografico, ovvero nello spazio 3D di fronte a noi. “Il ricercatore può vedere l’oggetto come se fosse realmente davanti a sé”, commenta Bolognesi, “viene voglia di toccarlo, manipolarlo. Ci risulta esistano solo due Tavoli Ologrammi in Europa per la ricerca, questo è il più recente; sarà un importante incentivo ad esplorare le frontiere della ricerca in campo modellistico e non solo”.

Tavolo Ologrammi
Tavolo Ologrammi

I campi di applicazione sono moltissimi: dalla sperimentazione biomedica su protesi o altri device (i ricercatori potrebbero avere riscontro immediato sul modo in cui il device interagisce con il corpo umano) ai beni culturali (è possibile visualizzare un’opera di restauro prima e dopo l’aggiunta di componenti, in tempo reale), alla meccanica.

VEDERE COME NON SI È MAI VISTO PRIMA

“Il Tavolo Ologrammi e il Teatro Virtuale serviranno a spingere studenti e ricercatori a guardare ancora più lontano e ad utilizzare la tecnica con fiducia”, continua Bolognesi, “perché darà loro la possibilità di vedere realizzato qualcosa che non è visualizzabile in nessun altro modo, ma potrebbe essere solo immaginato. Insieme al gruppo di ricerca di ABC abbiamo visualizzato qui al LaborA il nostro studio sul complesso di Santa Maria delle Grazie a Milano: 174 scansioni, una nuvola di punti da 30 giga. Dal Tavolo è possibile visitare tutto il complesso, dentro e fuori dalla chiesa, entrare nei chiostri, nella sacrestia del Bramante, osservare lo stato di degrado come la bellezza di queste volte. Il livello di dettaglio è alto, con definizioni fino a 5 mm. I colleghi del 3DSurvey Group hanno potuto visualizzare il modello virtuale della Val Chiavenna, realizzato nell’ambito del progetto Interreg V-A Italia-Svizzera A.M.ALPI.18, anche in questo caso con un livello di dettaglio impressionante: un modello di chilometri dove, ingrandendo, è possibile visualizzare fino alla sezione dei cavi delle linee elettriche della valle. Nel Teatro Virtuale i colleghi del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DASTU) hanno visualizzato il progetto “Ripensiamo insieme via Celoria”, del laboratorio Fausto Curti utilizzando ambienti di simulazione su flussi di persone altrimenti non visualizzabili. Il LaborA è davvero un luna park della scienza per chi ama immaginare e progettare”.

CONTAMINARE FISICO E DIGITALE

Una delle missioni del laboratorio è quella di creare un luogo in cui ricerca, didattica e territorio sviluppino una relazione virtuosa, relazione al centro delle strategie del nostro Ateneo. Qui troveranno posto studenti magistrali, ricercatori dei dipartimenti, dottorandi ma anche aziende e istituzioni che collaborano con il Politecnico; è importante portare queste esperienze nel territorio e farne volano di proposizione e innovazione con ricadute anche fuori dal mondo accademico”, continua Bolognesi.

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“Coinvolgeremo attorno al LaborA colleghi di varie discipline, che potranno utilizzarlo come punto di forza anche all’interno dei loro progetti europei”. La contaminazione e ibridazione tra fisico e digitale produrrà qui nuovi effetti.

“È una frontiera che stiamo esplorando da tanti anni e che ha ancora molte potenzialità inespresse: questo laboratorio nasce dalla passione dei nostri docenti e ricercatori in questi settori e dalle nostre sperimentazioni nel progetto a tutte le scale. È l’ambiente di condivisione di queste competenze che ha dato vita al progetto del LaborA, la stessa condivisione produrrà grandi risultati”, conclude Bolognesi.

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5 per mille: il Poli è la seconda università in Italia per donazioni ricevute

Sono usciti i dati relativi alle donazioni del vostro 5 per mille nel 2019. I donatori del Poli sono stati 8.012, per una somma complessiva di 662.844 €. Nella classifica generale degli enti ammessi al beneficio della donazione, l’Ateneo passa dal 64° posto del 2018 al 59° posto del 2019. Per il secondo anno consecutivo il Politecnico di Milano si classifica al 9° posto nell’elenco dei centri per la ricerca scientifica e al 2° posto tra le università, relativamente all’importo delle donazioni.

Negli ultimi anni, le donazioni di 5 per mille al Politecnico di Milano hanno seguito un trend di crescita, a testimonianza del supporto della community alle attività dell’Ateneo.

“Moltissimi Alumni sono coinvolti a diversi livelli nelle riflessioni e azioni mirate alla ripartenza, in un continuo dialogo con il “nostro Poli”, per massimizzare le ricadute positive a livello di impatto sulla società”, commenta il prof. Enrico Zio, delegato del rettore per gli Alumni e presidente Alumni Politecnico di Milano.

La community è accanto all’Ateneo, in modo particolare, nella sua missione di essere sempre più un traino diretto e indiretto per lo sviluppo di una società sicura e sostenibile. La donazione del 5 per mille va in questa direzione: i fondi raccolti sono destinati a finanziare progetti di ricerca responsabile ad alto impatto sociale e a promuovere giovani ricercatori. Proprio in queste settimane sono partiti cinque nuovi progetti finanziati con le vostre donazioni 5 per mille 2019.

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COME SELEZIONIAMO I PROGETTI?

Dal 2013, a selezionare i progetti di ricerca finanziati con il 5 per mille è Polisocial, il programma di impegno e responsabilità sociale del Politecnico di Milano.

Primo in Italia tra le iniziative accademiche di questo tipo, Polisocial l’obiettivo di sostenere e avviare progetti di ricerca responsabile e supportarli in un’ottica di sostenibilità nel tempo. L’iniziativa si prefigge anche l’obiettivo di dare spazio ai giovani ricercatori e coltivare un approccio etico al lavoro accademico, che valorizzi l’impatto sociale delle competenze politecniche.

Dall’inizio del programma, sono 46 i progetti che hanno beneficiato del vostro 5 per mille, per un totale di circa 3 milioni e mezzo di euro. Ne parliamo su MAP numero 9, presto in uscita.

“Per questi progetti, e quelli che verranno, a voi il mio ringraziamento e l’invito a continuare a sostenerli. Perché l’innovazione sociale passa attraverso tecnologia “umanamente giusta”, per costruire un futuro sostenibile”, conclude Enrico Zio.

DONA ANCHE TU IL TUO 5 PER MILLE AL POLI E CONTRIBUISCI A SOSTENERE LA RICERCA RESPONSABILE

Destinare il 5 per mille al Politecnico di Milano è semplice, basta apporre la tua firma nel riquadro “Finanziamento della ricerca scientifica e dell’Università” che figura sui modelli di dichiarazione dei redditi e specificare il codice fiscale del Politecnico di Milano CODICE FISCALE 800 579 301 50

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Telecomunicazioni: una spin off del Politecnico rivoluziona la fibra ottica

PhotonPath, spin off del Politecnico di Milano incubata da Polihub, è pronta a sbarcare nel 2021 sul mercato con una tecnologia innovativa che promette di rivoluzionare le telecomunicazioni: l’introduzione di chip dotati di circuiti fotonici al posto di quelli elettrici, in grado di ridurre dimensioni e costi delle reti della fibra ottica.

“Un paio di clienti stanno già testando le nostre applicazionispiega al Sole24ore il co-fondatore Douglas Aguiar – e puntiamo a finalizzare queste prime demo già nei prossimi mesi. Il target, in tre anni, è quello di arrivare a costruire 3mila amplificatori l’anno per arrivare a cinque milioni di ricavi”.

PhotonPath nasce dal lavoro congiunto durante il dottorato di Douglas Aguiar, CEO e Alumnus in Ingegneria delle telecomunicazioni e Emanuele Guglielmi, CTO e Alumnus in Ingegneria elettronica, che hanno lavorato nel campo della fotonica integrata.

Grazie alla collaborazione tra due gruppi di ricerca del Politecnico (il Photonic Devices Group e l’I3N Lab) del dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB), nel 2019 hanno creato questa start-up deep tech – spin off del Politecnico – con l’obiettivo di migliorare la qualità e la programmabilità delle reti di telecomunicazioni a fibre ottiche.

Photonpath fibra ottica
Credits: Business Insider

Questo avviene attraverso la commercializzazione di chip miniaturizzati in cui, oltre ai segnali elettrici, si propagano anche segnali di luce. Il vantaggio della tecnologia è che offre la possibilità di riprogrammare il chip a seconda delle esigenze specifiche del singolo cliente.

“Questa è una funzionalità di grande valore per gli operatori di reti, che vedono le necessità di traffico dati cambiare continuamente all’interno delle loro reti. Grazie alla fotonica integrata, ai nostri algoritmi di controllo e calibrazione, le apparecchiature di rete diventano più piccole, consumano meno energia, offrono maggiori prestazioni, e costano pure meno dichiara Aguiar a Business Insider.

E continua:

“Il problema è che la crescita costante di capacità e prestazioni avvenuta negli ultimi 30 anni sta arrivando a un limite e sono necessarie nuove tecnologie per supportarla: qui entrano in gioco la fotonica integrata ed i nostri chip”.

L’obiettivo a partire dal 2021 è quello di inserirsi nel mercato globale delle telecomunicazioni e di produrre entro cinque anni 3000 unità del prodotto, arrivando poi, nel lungo termine, a portare la fotonica integrata in altri segmenti di mercato.

Il MAP è la rivista degli Alumni del Politecnico di Milano. È una mappa per ritrovare, scoprire e conoscere tutto quello che è nato, partito e cresciuto nel nostro Ateneo. Qui sotto trovi un articolo correlato: se ti piace quello che stai vedendo, sostienici. Potrai ritirare la tua copia gratuitamente.

Credits header: Polihub

Blockchain: liberté et égalité

Digital Talks organizzato dal chapter internazionale Alumni Politecnico di Milano Parigi in collaborazione con Castaldi Partners.

Speaker: Gaspare Gori, avvocato del foro di Parigi e Roma – co-responsabile corporate M&A, responsabile nuove tecnologie a CastaldiPartners
Marianna Belotti, Alumna del Politecnico, vicepresidente di APP, studentessa CIFRE CNAM e ingegnera al Groupe Caisse des Dépôts.

Moderatore: Giuseppe Sangiovanni, Alumnus del Politecnico, tesoriere di APP e partner di Linkers, M&A Director

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Digitale: cosa aspettarsi dall’Italia nel prossimo futuro

Stefano Rebattoni, amministratore delegato di IBM e Alumnus in Ingegneria Gestionale, in una recente  intervista a Wired ha delineato cosa ci dobbiamo aspettare dall’Italia digitale nel prossimo futuro.

 “Credo che le priorità per l’Italia – dal nostro punto di vista – siano la digitalizzazione della pubblica amministrazione, del settore finanziario e della nostra industria manifatturiera e del made in Italy. Serve quindi un’accelerazione sotto questo aspetto.” dichiara Rebattoni.

I motori di questo cambio di prospettiva, già avviata dall’emergenza sanitaria che ha contribuito a rivoluzionare la percezione delle tecnologie digitali trasformandole in elementi fondamentali per la sopravvivenza delle imprese, saranno l’intelligenza artificiale e l’hybrid cloud.

“Il 2020 ha fatto cadere molti falsi miti sul digitale. Penso che oggi la classe dirigente del paese e le persone siano maggiormente consapevoli degli aspetti positivi delle tecnologie.”

Le parole chiave per gestire il cambiamento saranno collaborazione e digitalizzazione, delle quali Rebattoni e IBM sono promotori attivi in due macro aree: le piccole e medie imprese private, per le quali è stato pensato un percorso di formazione e accompagnamento grazie soluzioni tecnologiche ad hoc, e la pubblica amministrazione, dove dovranno essere integrate le competenze digitali.

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Credits: www.corrierecomunicazioni.it
PANDEMIA E NUOVI SVILUPPI PER IL FUTURO

Oltre alla formazione dei settori sui temi del digitale, tra le novità a cui IBM sta lavorando c’è anche il digital health pass, una sorta di “passaporto” sanitario che consente di avere sempre con sé le informazioni di carattere sanitario, come lo stato di vaccinazione o positività o negatività al Covid19.

Una soluzione che può agevolare il mondo post-pandemia, che potrebbe anche contribuire a far ripartire la società e quindi anche l’economia.

“Il digitale, insomma, da necessità si sta trasformando in opportunità. D’altronde se non diventerà centrale ora, mi chiedo quando potrà mai accadere”.

Credits header: Wired