Gli effetti della desertificazione si fanno sentire molto nelle aree urbane. Lo vediamo ogni estate nelle nostre città: cosa possiamo fare, che abbia ricadute positive sia immediate che sul lungo termine? Un approccio possibile è quello di adottare “soluzioni basate sulla natura (nature-based solutions, NBS)”: ovvero, la gestione e l’uso sostenibile di risorse naturali per affrontare sfide socio-ambientali come il cambiamento climatico, il rischio idrico, l’inquinamento dell’acqua, la sicurezza alimentare, la salute umana e la gestione del rischio di calamità ambientali.
Un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano, con il progetto NBSouth, ha esplorato questa direzione prendendo come case study la regione amministrativa di Paranoá vicino a Brasilia, che, per dimensioni, posizione e peculiarità, negli ultimi anni è stata colpite da frequenti siccità; una calamità naturale che assume sfumature drammatiche quando le città si trovano costrette a dichiarare lo stato di emergenza, portando alla chiusura di scuole e parchi, con gravi ricadute sociali.
La ricerca, condotta in collaborazione con l’Università di Brasilia, è stata guidata da un’analisi approfondita delle esigenze locali, che ha gettato le basi per la progettazione complessiva del progetto. A partire dalla messa a punto di un modello diagnostico dell’area urbana, il gruppo di lavoro sul campo ha studiato strategie NBS per la gestione di infrastrutture verdi che stanno contribuendo alla definizione di nuove politiche per lo sviluppo socioeconomico e la resilienza ambientale, coinvolgendo attivamente i residenti per valorizzarne le competenze e promuovere la collaborazione. Un’attenzione particolare è rivolta alla gestione dell’acqua: nel caso di Paranoá, il rapporto profondamente radicato della comunità con l’acqua, un tempo centrale per la loro identità, è stato compromesso dal loro trasferimento in una nuova area. NBSouth ha dimostrato che l’efficace integrazione di questa connessione storica nella pianificazione delle infrastrutture verdi e blu, insieme alle soluzioni basate sulla natura (NBS), potrebbe dare maggiore profondità alle strategie di sviluppo urbano. Questo approccio non solo ha affrontato i bisogni tangibili della comunità, ma ha anche rafforzato le connessioni intangibili, arricchendo il senso di identità della comunità e plasmando prospettive più sostenibili e significative per il loro ambiente futuro.
NBSouth ha inoltre rafforzato la collaborazione tra la società civile, le università, la pubblica amministrazione e i settori privati, creando un modello di trasformazione urbana partecipativa che ha portato, per esempio, alla trasformazione di una piazza trascurata in uno spazio pubblico ecologicamente ricco e accogliente, alla gestione più efficiente dell’acqua e della biodiversità, alla riduzione dei rischi di inondazioni, all’abbassamento delle temperature locali e all’aumento delle specie locali e della diversità vegetale. Dal punto di vista economico, il progetto ha stimolato l’occupazione e le imprese locali, facendo affidamento su materiali di provenienza locale.
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5 settembre 2025 – Due Alumni politecnici premiati a Osaka con il Compasso d’Oro International Award, per il design di TWIN: un esoscheletro robotico pensato per compensare deficit motori e restituire alle persone che ne soffrono la capacità di camminare in autonomia.
L’esoscheletro motorizzato TWIN è un robot indossabile in grado di trasferire a persone con capacità motoria ridotta o assente l’energia che permette loro di alzarsi, mantenere la posizione eretta, camminare e sedersi. È stato sviluppato dal laboratorio congiunto Rehab Technologies IIT – INAIL con il design di ddpstudio – studio fondato dai designer politecnici Lorenzo De Bartolomeis, Gabriele Diamanti e Filippo Poli.Si è aggiudicato il Compasso d’Oro Award con la seguente motivazione: “aver progettato un esoscheletro modulare capace di adattarsi a diverse configurazioni in base alle necessità dell’utente, permettendo alle persone con lesioni spinali di camminare nuovamente e restituendo loro potenziale fisico ed emotivo”.
“Siamo orgogliosi di ricevere questo premio internazionale per il design dell’esoscheletro TWIN”, commentano i due designer. “Questo riconoscimento dimostra quanto sia importante e strategico oggi utilizzare gli strumenti del design industriale all’interno di progetti di ricerca e trasferimento tecnologico. Progettare per le persone, a partire dall’ascolto delle loro esigenze specifiche, per arrivare a migliorarne sensibilmente la qualità della vita, è quanto di più gratificante possiamo desiderare come designer“.
Il Compasso d’Oro International Award è la declinazione globale del Premio Compasso d’Oro ADI, il più autorevole riconoscimento del design Made in Italy, istituito nel 1954 da un’idea di Gio Ponti che, in oltre 70 anni di storia, ha dato origine a una collezione di circa 2.500 pezzi, riconosciuta dal Ministero della Cultura come “bene di eccezionale interesse artistico e storico”.
Il Compasso d’Oro International Award 2025 ha il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il supporto del Bureau International des Expositions (BIE), ente che governa le Esposizioni Universali, e si avvale della media partnership di Dezeen, piattaforma di riferimento a livello globale nei settori del design e dell’architettura. La cerimonia di premiazione ha il patrocinio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
I progetti vincitori saranno esposti a Milano, all’ADI Design Museum, il 9 dicembre 2025, e resteranno visitabili fino al 6 gennaio 2026.
Siamo a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo: una città di 13 milioni di abitanti dove le fasce di popolazione più povere non possono permettersi un’alimentazione completa e versano in stato di malnutrizione avanzata. L’Università Cattolica del Congo (UCC), già negli anni Ottanta, fondò una fattoria nel villaggio Mpangala, a circa 40 km da Kinshasa. È una fattoria multifunzionale, utilizzata cioè per la produzione di alimenti ma anche per attività di formazione e ricerca dalla facoltà di Economia e Sviluppo della UCC, con un’estensione di più di 400 ettari. La fattoria non è, ad oggi, collegata alla rete elettrica nazionale, non è dotata di celle frigorifere e l’accesso è difficoltoso a causa del crollo dei alcuni dei ponti che la collegano alla città di Kinshasa.
È qui che intervengono i ricercatori del Politecnico di Milano con il progetto I-FERME, che tra il 2022 e il 2024 hanno lavorato per potenziare le infrastrutture stradali di accesso Mpangala e di supporto alla lavorazione e conservazione dei prodotti alimentari, così da permettere un pieno sfruttamento della fattoria esistente. Il primo passo è stato l’elettrificazione della fattoria attraverso la progettazione di reti elettriche basate su pannelli fotovoltaici e batterie, seguito dalla progettazione di infrastrutture viarie (ponti/viadotti), a basso costo e impatto ambientale, massimizzando l’impiego di risorse locali, e dalla progettazione e realizzazione di celle frigorifere intelligenti per la conservazione degli alimenti.
Il risultato finale è la disponibilità, anche per la popolazione urbana più povera, di prodotti a prezzi accessibili, grazie alla razionalizzazione della produzione di alimenti, agli strumenti di conservazione e alla migliore capacità di distribuzione nelle città limitrofe (prima fra tutte, Kinshasa).
In un’ottica di prototipizzazione e estendibilità a contesti simili, i ricercatori hanno sviluppato strumenti semplificati, come software open access, abachi e tabelle, accessibili e facilmente utilizzabili che consentiranno anche agli studenti dell’università partner, Università Cattolica del Congo, e alla popolazione locale di acquisire conoscenze di base specifiche utilizzabili ed esportabili anche in altri contesti.
Come gli altri progetti di ricerca politecnici finanziati dalle vostre donazioni del 5 per mille, DROPS mira a sviluppare soluzioni realizzabili nel breve termine, che puntano a essere replicabili e avere un effetto nel lungo periodo; case study che mettono a terra tecnologie studiate in progetti più grandi (e l’occasione, per studenti e ricercatori, di mettere in pratica quello che hanno appreso).
Il progetto I-FERME è sviluppato dal Dipartimento di Energia in collaborazione con i dipartimenti DMEC, DICA, DEIB del Politecnico di Milano e l’Università Cattolica del Congo.
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Ogni volta che tiriamo l’acqua del WC, usiamo circa 10 litri di acqua potabile. Invece, potremmo utilizzare l’acqua piovana, che a Milano, però, non viene raccolta e, quando piove “troppo”, va persa e può causare molti danni. In questi mesi non sembra essere troppo un problema, ma ad agosto, quando sentiremo i telegiornali parlare di siccità, ci sembrerà uno spreco. Ed ecco che intervengono i ricercatori e le ricercatrici del Poli.
Nel contesto dell’Off-Campus Nosedo, il progetto DROPS si concentra sulla gestione sostenibile delle acque piovane. Attraverso l’installazione di un serbatoio di raccolta e infiltrazione nel suolo, punta a due obiettivi: prevenire il sovraccarico delle reti fognarie e promuovere il riuso sostenibile dell’acqua. Nel concreto: evitare gli allagamenti e avere a disposizione una riserva idrica nei mesi più secchi, da utilizzare per scopi non potabili, come l’irrigazione o appunto gli scarichi dei WC.
Tra il 2023 e il 2024, i ricercatori hanno messo a punto i prototipi di sistemi di gestione delle acque meteoriche. I risultati di ricerca sono stati poi oggetto di progetti didattica innovativa, con un laboratorio sul campo per misurazioni sulle acque e sul suolo, con formazione di enti-partner e sensibilizzazione dei cittadini. I dati raccolti dimostrano che è possibile usare quest’acqua per l’irrigazione delle molte aree agricole circondanti la cascina, andando a diminuire la pressione sull’acquedotto. È stato installato un serbatoio di raccolta e, tramite una serie di sensori di umidità, sono in corso le misurazioni dei benefici del sistema di infiltrazione sul sottosuolo. Il livello del serbatoio è monitorato e i regolatori di portata ne permettono un uso modulare. La centralina meteo serve a programmare le attività del sistema anche in funzione predittiva.
Come gli altri progetti di ricerca politecnici finanziati dalle vostre donazioni del 5 per mille, DROPS mira a sviluppare soluzioni realizzabili nel breve termine, che puntano a essere replicabili e avere un effetto nel lungo periodo; case study che mettono a terra tecnologie studiate in progetti più grandi (e l’occasione, per studenti e ricercatori, di mettere in pratica quello che hanno appreso).
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Un team composto da ricercatori e ricercatrici provenienti da diversi dipartimenti del Poli (DEIB, DIG, DESIGN e DABC) ha sviluppato un robot in grado di “guidare” persone non vedenti e ipovedenti negli spostamenti a piedi, proprio come farebbe un cane guida o un pacer, per garantire loro più autonomia in attività quotidiane come una corsa al parco o un giro al centro commerciale. Nasce così BUDD-e (Blind-assistive aUtonomous Droid Device), un piccolo robot in grado di “sentire”, tramite sensori, la direzione della persona che lo usa, e elaborare informazioni sull’ambiente circostante.
“L’idea iniziale era fornire alle persone cieche e ipovedenti uno strumento che le rendesse autonome nella corsa, ma poi il progetto si è esteso ad altri ambiti quando ci siamo resi conto, insieme ai nostri partner, che esistono diverse difficoltà di accessibilità negli spazi pubblici”, spiega il prof. Marcello Farina (Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria), responsabile scientifico del progetto. I ricercatori e le ricercatrici hanno quindi sottoposto a diversi utenti ciechi e ipovedenti una serie di questionari, per capire quali fossero le loro abitudini e le loro esigenze: è emerso che la maggior parte di loro (il 75%) si muoveva solo se accompagnato da amici, parenti o volontari, e che l’1% non usciva addirittura di casa per paura di farsi del male. Budd-e può sostituirsi all’accompagnatore: “L’idea è renderlo un servizio pubblico, un aiuto di cui usufruire quando si va al supermercato, al parco o alla stazione”, spiega Farina.
Le prime sperimentazioni sono state fatte all’Ospedale Niguarda e il Centro Sportivo Giurati del Politecnico nel 2021: Budd-e ha le stesse dimensioni e la stessa mobilità di una sedia a rotelle, ed è una versione 2.0 di Yape, un robot già in commercio utilizzato per la distribuzione ultimo miglio (ne abbiamo parlato anche sul MAP #7).
Rispetto a Yape, la modifica più visibile di Budd-e è l’aggiunta del “cordino” che serve a guidare l’utente: “Il cordino è attivo, dà una tensione di 0,6 chilogrammi forza all’utente, che così sa dove andare: Budd-e non tira il braccio, e si muove solo quando si muove l’utente, adattandosi alla sua velocità e mantenendo sempre la stessa distanza”, spiega Farina. Alimentato con batterie elettriche, per funzionare Budd-e deve prima mappare il luogo dove si muoverà: nei luoghi chiusi (come ospedali o centri commerciali) è necessaria la tecnologia LIDAR (una tecnica di telerilevamento aereo, Light Detection and Ranging), mentre per parchi e spazi aperti è sufficiente la mappatura GPS.
Un work in progress, questo “cane guida” politecnico, partito nel 2021 grazie a un grant di ricerca finanziato con le vostre donazioni del 5 per mille.
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Dopo il Poli ha lavorato in diversi contesti, tra cui Chapman Taylor e Bjarke Ingels Group (BIG)
Ha recentemente completato un Master in Design Studies (Ecologies) alla Harvard Graduate School of Design (GSD)
Ha esposto al MIT Media Lab, alla Harvard GSD e in altri contesti accademici internazionali
Ci racconta: “Sto lavorando allo sviluppo di sistemi che integrano microalghe, sensori e algoritmi per monitorare l’ambiente interno e supportare strategie di ventilazione naturale. L’obiettivo è rendere questi strumenti parte del progetto architettonico, contribuendo alla creazione di spazi più sani, in grado di tutelare il benessere di chi li abita e di adattarsi in modo più consapevole alle trasformazioni ambientali.
Ho scelto il Politecnico di Milano per la solidità del suo approccio tecnico-scientifico, la qualità della formazione progettuale e le opportunità di confronto internazionale che offre. È stato un contesto esigente, che mi ha fornito strumenti concreti per affrontare con rigore e apertura interdisciplinare le sfide dell’architettura contemporanea”.
Del Poli ricorda con piacere l’energia che si respira nei laboratori di progetto: “le idee prendevano forma attraverso il lavoro di gruppo e il confronto continuo. È stato un periodo di grande crescita, grazie al senso di collaborazione che si instaurava tra studenti, tutor e docenti, e alla comunità che nasceva lavorando fianco a fianco. Il progetto non era quasi mai un percorso solitario: si cresceva insieme, scambiando idee, punti di vista e, spesso, divertendosi a progettare insieme”.
Com’è entrare a far parte degli under 30 di Forbes? “È stato un riconoscimento che ho accolto con gratitudine e con senso di responsabilità. È arrivato come risultato di un percorso che unisce ricerca, sostenibilità e sperimentazione tecnologica, con l’obiettivo di affrontare in modo concreto alcune sfide ambientali legate all’architettura. Negli ultimi anni ho lavorato allo sviluppo di dispositivi per il monitoraggio della qualità dell’aria e l’efficienza energetica degli edifici, collaborando con team multidisciplinari e trasformando idee in prototipi funzionanti e testabili, pensati per favorire ambienti più salubri e promuovere una maggiore consapevolezza negli utenti. Allo stesso tempo, ho portato avanti una linea di ricerca sul rapporto tra architettura e territorio, analizzando sul campo casi studio negli Stati Uniti e in Italia, con un focus su aree soggette ad alluvioni. Ho studiato il ruolo delle infrastrutture, delle reti idriche e delle soluzioni naturali a bassa intensità per supportare strategie di adattamento climatico. In questo senso, il riconoscimento rappresenta per me un incoraggiamento a proseguire con ancora maggiore consapevolezza il lavoro intrapreso”.
Un’università italiana entra per la prima volta nella Top 100 del QS World University Rankings, una delle classifiche accademiche più prestigiose al mondo: il Politecnico di Milanosi posiziona al 98° posto nell’edizione 2026, raggiungendo un risultato storico che segna un primato nazionale e al tempo stesso un importante riconoscimento al valore dell’eccellenza italiana nel panorama della formazione e della ricerca.
Con questo traguardo, il Politecnico si colloca nel top 6% delle università mondiali. Il passaggio dalla 111ª alla 98ª posizione testimonia la solidità di una crescita costante nel tempo: in dieci anni, l’Ateneo ha scalato ben 89 posizioni, di cui 41 nell’ultimo triennio (dal 139° del 2023) distinguendosi come punto di riferimento per il sistema universitario italiano e tra le eccellenze accademiche internazionali.
In Italia, il Politecnico di Milano si conferma primo assoluto per performance complessiva e per la qualità dei suoi indicatori chiave.
Tra gli indicatori che hanno contribuito in modo determinante al raggiungimento della Top 100 si segnalano, in particolare, la Employer Reputation e la Academic Reputation. La prima – che misura la stima espressa da datori di lavoro internazionali nei confronti dei laureati – evidenzia la capacità del Politecnico di formare professionisti altamente qualificati, pronti ad affrontare le sfide del mondo del lavoro. La seconda – che valuta il prestigio percepito da parte della comunità accademica globale – conferma l’elevata qualità della ricerca e della didattica svolte in Ateneo.
Risultati eccellenti emergono anche dall’indicatore Employment Outcomes, che attesta un alto tasso di occupazione tra i laureati e un impatto significativo delle loro carriere nei rispettivi settori. In netta crescita anche il dato relativo alle Citations per Faculty, che misura la media delle citazioni scientifiche per docente e riflette la rilevanza della produzione scientifica a livello internazionale.
Questo insieme di risultati positivi è sostenuto anche da un aumento significativo della produttività scientifica, segno tangibile di una comunità accademica attiva, attrattiva e orientata all’innovazione.
Un risultato particolarmente significativo. L’Italia entra finalmente nella top 100 del QS World Rankings come gli altri paesi del G7. È questa la dimostrazione della validità e del prestigio non solo del Politecnico di Milano, ma del sistema della formazione e della ricerca italiano. Un balzo in avanti che ha preso il via dieci anni fa. Espressione di una strategia di crescita chiara; della passione e della dedizione dell’intera comunità del Politecnico di Milano; di una pianificazione e di una gestione attenta delle risorse; di un sistema di scambio efficace con le imprese e con il territorio.
Donatella Sciuto, Rettrice del Politecnico di Milano
Il QS World University Rankings 2026 ha analizzato oltre 8.400 università in 106 Paesi. Di queste, 1.501 sono entrate in classifica, tra cui 43 italiane. Il risultato del Politecnico di Milano rappresenta un punto di svolta per l’università italiana e un segnale forte della sua capacità di competere, innovare e crescere a livello globale.
Posizione globale: 98° posto su oltre 8.400 università valutate. È la prima volta che un’università italiana entra nella Top 100 del ranking QS.
Posizione in Italia: 1° posto assoluto.
Università analizzate: 8.467 atenei da 106 Paesi. Di queste, 1.501 sono entrate in classifica. Le università italiane presenti sono 43.
Indicatori di eccellenza:
Employer Reputation: 90,1/100
Academic Reputation: 83,4/100
Employment Outcomes: 72,0/100
Citations per Faculty: 53,9/100
International Faculty: 74,4/100
Trend decennale: +89 posizioni guadagnate in dieci anni. Il Politecnico è passato dal 187° posto nel 2016 al 98° nel 2026.
Produttività scientifica: oltre 27.000 pubblicazioni e 270.000 citazioni registrate nel periodo 2019–2024 (fonte: Scopus/QS)
Questo traguardo è un esempio concreto del valore della nostra community Alumni: connessioni, ispirazioni e percorsi che partono da qui e arrivano ovunque.
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